Due popoli separati da un’unica televisione

Più passa il tempo e più incontro persone istruite, curiose del nuovo, creative, che non guardano la televisione e spesso non ce l’hanno affatto.  Io stesso, che la televisione ce l’ho, la guardo sempre meno e proprio i programmi più seguiti non riesco a seguirli neache per pochi secondi.  Non era così vent’anni fa, quando in Italia persone di tutte le estrazioni e di tutti i background culturali guardavano la stessa televisione: gli stessi pochi programmi televisivi di informazione ed intrattenimento che la RAI aveva da offrire.  Sto parlando del telegiornale del primo canale, di Portobello, di Domenica In, dei varietà della Lotteria Italia e dei quiz del giovedì sera.

Io la vedo così: le persone che  potrebbero fare di più e di meglio per il progresso dell’Italia, non ce la fanno più a entrare in relazione con quello che la maggioranza del paese è diventata. Temo che questo significhi anche che queste stesse élites (o avanguardie, è difficile trovare un termine neutrale)  non vogliano più farsi carico del basso livello umano in cui una parte della nostra società versa.  Poi, anche se volessero, non conoscendone i desideri, non riuscirebbero più a parlare al paese nel suo complesso.  Mi sembra che gli italiani abbiamo imbroccato due strade che, separatesi, si distanziano sempre di più.  (E badate, qui la politica c’entra poco, e la cultura molto). E’ qualcosa di affine alla fuga dei cervelli, ma in questo caso si tratta di cervelli che, rimanendo fisicamente in patria, fuggono con le loro idee, si isolano, o si ritirano dall’arena pubblica.

La televisione che è stata  a detta di tutti la principale forza unificante dell’Italia del dopoguerra, oggi è per me un chiaro fattore di divisione interna, e di demarcazione fra le nuove classi sociali che si vanno a creare.

Per essere ottimisti, c’è da sperare nella perdita di importanza della televisione rispetto ai molti nuovi media che le contendono sempre più il ruolo di fornire informazioni e intrattenimento.  Rimane vero però che oggi venti milioni di apparecchi televisivi sono accesi ogni sera. Che ci piaccia o meno.

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4 Responses to Due popoli separati da un’unica televisione

  1. Alberto Cottica ha detto:

    Hai ragione da vendere. Nel mio libro parlo del “leghismo cognitivo”, della secessione dell’élite connessa che non intende più prendersi la responsabilità della maggioranza chiusa nei media di massa, e la vive con fastidio. Per ora è un fenomeno che ho visto più in America, ma la tentazione, è chiaro, c’è.

    A proposito: l’élite connessa la guarda, la televisione. Ma guarda The Big Bang Theory scaricandola da Torrent. 🙂

  2. Carmelofrancesco ha detto:

    Solo due considerazioni flash.
    1. La televisione mi pare sia un altro concreto esempio di come lo Stato abbia abdicato alla sua funzione di scegliere ciò che è meglio per i cittadini, preferendo sottostare ad un mercato oltretutto distorto e contribuendo al decadimento culturale di cui tu parli.
    2. Ma l’élite si è chiesta perché non riesce a parlare alla maggioranza del paese invece di ritirarsi nella torre d’avorio? Credo sia un problema di possibilità e di linguaggio insieme. Mi aspetterei che fosse l’élite, però, a fare lo sforzo maggiore per farsi comprendere e per cambiare il paese, a partire dalla televisione.

  3. tito ha detto:

    @Alberto. Si ci pensavo anch’io al parallelismo con l’America in cui gli intellettuali hanno la tradizione di sentirsi stranieri in patria. In questo l’italia era diversa con il cinema e la televisione che un po’ parlavano a tutti, guidati da intellettuali che si assumevano responsabilità generali.

    @Carmelofrancesco ed abbastanza in continuità col commento precedente. Il mercato qui per me c’entra poco. Son molto d’accordo invece sul fatto che l’élite intellettuale dovrebbe fare lo sforzo di farsi comprendere e di parlare il linguaggio generale, anche con un po’ più di umiltà.

    • Gianluca Paladini ha detto:

      Io ho qualche dubbio sul fatto che politica e cultura siano scorrelate. La politica crea (o distrugge) cultura, propone modelli, quando promuove le varie lotterie di stato, quando detta i palinsesti televisivi, quando mortifica la pubblica istruzione a favore della privata. E’ la politica che uccide la cultura quando permette l’apparizione televisiva soltando a pensatori compiacenti.
      A mio giudizio tutto questo ha molto a che fare con i modelli proposti dalla tv commerciale e dal berlusconismo.

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