La politica dello sconosciuto

Credo di non essere il solo per cui vale quello che sto per dire: io in politica mi sento vittima di una sorta di miopia che si esprime come un pregiudizio negativo verso i candidati che conosco di più.  Oppure si potrebbe dire che mi affascinano i personaggi di cui so meno cose, spesso perchè si sono affacciati sulla scena politica di recente.  Ad essi tendo ad attribuire con una certa facilità, qualità che non ritrovo nei politici che seguo da più tempo.

E’ da notare che avevo cominciato a scrivere questo post prima di conoscere i risultati delle recenti elezioni in Italia, che mi sembra confermino questo tipo di ragionamento.

Chi abbiamo già visto all’opera parte svantaggiato rispetto a chi può sostenere che con lui/lei tutto andrà in modo diverso.

Che fare rispetto a quest’ingiustizia?  Da un lato, nelle mie recenti scelte elettorali mi sono sforzato di avere un approccio empirico, evidence-based, alla mia scelta di voto, per controbilanciare il mio pregiudizio.  Ossia ho cercato mettere sul piatto della bilancia della mia scelta solo fatti provati riguardanti i comportamenti passati di ciascun candidato (e non dicharazioni o idee anche avanzate, che riguardano il futuro). Dall’altro lato, però, penso che questo sbilanciamento, che certo dipende da come la nostra mente funziona, possa essere una forza di contrasto alle derive autoritarie, dando un vantaggio sempre agli outsiders rispetto agli incumbents.  Quindi forse meglio così.

 

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