Ricordo bene quando sentii parlare per la prima volta di “studiare”. Era all’inizio della scuola media e mi veniva richiesto dai professori di studiare a casa certe pagine di storia o alcune regole di matematica. Era un concetto nuovo perchè alle elementari la categoria utilizzata per il lavoro da fare a casa era quella di “fare i compiti”. Dentro di me mi chiesi, ma che cosa significa in pratica “studiare”? Un po’ mi vergognavo a chiederlo perchè sembrava una cosa scontata per tutti. Poi, confrontandomi un po’ timoroso con mia madre e con qualche compagno capii che studiare in un certo senso significava “imparare”, mentre per altri significava “leggere e ripetere” – una cosa che, penso oggi ma non ero in grado di capire allora, è solo uno dei possibili metodi per imparare qualcosa.
Più avanti mi fu chiaro che la maggioranza dei professori si aspettavano che ripetessimo ad alta voce, per impararle, le cose che ci venivano spiegate o che leggevamo sui libri. In definitiva però a me a scuola non è stata mai formalmente insegnata una tecnica di studio, ossia un metodo per imparare. L’ho sviluppata e perfezionata nel tempo da solo sulla base di insegnamenti un po’ indiretti e taciti. Su quest’esperienza mi farebbe piacere confrontarmi con chi mi legge. A me rimane la sensazione che la nostra scuola, tra le tante cose, non preveda che si insegni un metodo per imparare.
Di qui la sorpresa che ho provato quando ho scoperto molto più tardi che alcuni studenti americani adoperavano un metodo di studio che io non conoscevo. Si tratta delle note cards o flash cards: una serie di cartoncini della stessa forma rettangolare su cui si prende nota secondo una tecnica prefissata delle componenti più importanti di un concetto, cosicchè, riletti in sequenza, aiutano ad assimilare un libro, una lezione, etc. In alcune versioni, questo metodo sembra simile a somministrarsi un quiz in una sequenza din propria creazione. Ci sono molti esempi sul web di tecniche per imparare con questo metodo, come questo o questo. 
Credo che ci sia un collegamento fra questo metodo di studio, che non so davvero quanto sia diffuso, ed una differenza ben più profonda nell’organizzazione del pensiero che mi ha fatto sentire diverso da molti colleghi che ho conosciuto negli USA (e qui non voglio parlare per nessun altro che per me stesso). Io trovo che il mio sapere abbia una forma più discorsiva e difficilmente separabile in unità autonome: è nelle relazioni almeno quanto nei concetti. La cultura di molti americani sembra invece fatta di concepts isolati. Per questo a molti appare superficiale e nozionistica. Per altri versi una conoscenza organizzata in questo modo aiuta nella soluzione di test e forse a recuperare il concetto più adatto in risposta ad un bisogno. Non so quanto questa mia intuizione corrisponda a qualcosa di generalizzabile e proprio per questo mi piace condividerla qui. Che abbia a che vedere con il fatto che nei miei non pochi anni di studio io abbia ripetuto molti brani in lunghe sequenze ininterrotte? Certo l’uso delle note cards può essere tanto una causa quanto un effetto di una cultura più “molecolare”.