Valutare Kublai è d’obbligo

27 marzo 2014

Nel 2008 al Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica abbiamo lanciato Kublai, ne ho già parlato qui varie volte.

L’idea era di sperimentare una modalità nuova per sostenere la nascita di imprese creative, culturali, iniziative di sviluppo locale, provando a vedere se l’intelligenza collettiva e volontaria dei molti utenti del web poteva essere arruolata ad alcune delle finalità pubbliche  delle politiche di coesione.  C’erano anche altri aspetti sperimentali nel progetto, fra gli altri il desiderio di esplorare la proprietà di una comunità opportunamente selezionata e tematicamente orientata, di fornire “segnali” alle istituzioni su quali progetti fossero meritevoli di sostegno pubblico. La natura di esperimento di Kublai è incontrovertibile: tra l’altro il suo primo finanziamento è provenuto da un iniziativa che si chiamava Laboratorio delle politiche di Sviluppo che si definiva “luogo di produzione di sapere e di confronto” e “struttura volta alla formazione di competenze”.Nuovo-Logo-Kublai2-1024x570

Sembra superfluo dirlo ma le esperienze pilota devono avere un termine, e le sperimentazioni sono tali solo se ad un certo punto da esse si impara qualcosa.  Ecco, è venuto il momento di imparare qualcosa da Kublai.  E’ venuto il momento di chiederci cosa abbiamo creato con i soldi che abbiamo speso con il progetto, se quello che abbiamo fatto ha senso, e se ne è valsa la pena.  Inutile dire che le decisioni che di qui a poco l’amministrazione prenderà sul futuro di Kublai ne saranno influenzate.

Da pochi giorni abbiamo avviato una valutazione indipendente di Kublai affidandola alla società OpenEvidence, che è stata selezionata con una procedura competitiva.  Entro l’estate sapremo qualcosa su qual’è stato il valore aggiunto di Kublai, se ha senso proseguire l’esperienza, ed eventualmente in quale forma.

Tutto questo dovrebbe essere normale, ma oggi nel nostro mondo non si può dire che lo sia.  Viene da pensare:

  • forse ci sono tante altre politiche, misure e dispositivi pubblici su cui lo stato spende molti più soldi, di cui lo stato non valuta gli effetti e che perciò sarebbe ancora più doveroso valutare rispetto ad un piccolo progetto speciale come Kublai.
  • Pur spendendo poche diecine di migliaia di euro in questa valutazione, che durerà meno di un anno, questi soldi rappresentano una percentuale più elevata del valore di quello che si valuta, rispetto a quello che succederebbe se si decidesse di valutare, che so, i sussidi agli agricoltori della Politica Agricola Comune
  • forse Kublai, e non altro, viene valutato perchè per accidente è un progetto nato all’interno dell’Unità di Valutazione del DPS, che di questo si dovrebbe occupare principalmente

Di una cosa però sono certo, la valutazione si fa poco in italia non per problemi di soldi, ma per carenza di cultura. Ne ho scritto altrove, è un problema di scarsità di risorse umane e di attenzione.

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Arduino: riprendere la tecnologia nelle nostre mani

21 giugno 2010

Alberto Cottica è proprio un genio. Lasciamo perdere il fatto che sta scrivendo un libro sulle politiche pubbliche ed il web e l’ha messo a disposizione sul web per commenti due mesi prima della pubblicazione.  Adesso sto pensando ad Arduino, quel gingillo che sarà al centro di una serie di  dimostrazioni che Alberto farà con Massimo Banzi in Toscana presso i centri regionali di diffusione tecnologica, in seguito alla convenzione che la Regione ha firmato con Kublai.

Che cos’è questo Arduino? Per quel che ho capito è una specie di mini-computer, che consente di controllare dispositivi vari come sensori, led, cellule fotoelettriche etc, e con ciò di realizzare dei manufatti creativi e a volte utili.  E che cosa c’è di innovativo ed interessante in questo? Certo non l’aspetto tecnologico, ma il fatto che permette anche a persone normali di realizzare dispositivi elettronici in prima persona, adattando elettronica ed informatica – quella roba che di solito compriamo fatta e finita nei negozi – con la nostra creatività.  Pare che con Arduino, anche per il suo prezzo bassissimo, realizzare dispositivi elettronici diventi possibile a tutti quelli che hanno voglia di applicarcisi un po’.

Perchè presentare questa tecnologia matura ed a basso costo in Toscana? Bè, l’accordo con i toscani prevede di utilizzare il metodo Kublai per promuovere innovazioni nei settori tradizionali dell’industria manifatturiera regionale.  Secondo molti osservatori, l’industria tradizionale italiana con l’avvento dell’elettronica ha perso uno dei suoi tradizionali vantaggi competitivi: quella capacità di manipolare  il processo produttivo che derivava dalle competenze nella meccanica dei nostri imprenditori e delle nostre maestranze (che poi a volte erano le stesse persone in fasi diverse della vita).  Nell’era dell’elettronica, questo controllo del processo di produzione è stato perduto, spesso non risiede più in azienda e non è più partimonio di una sola persona, ma condiviso fra diverse figure: progettisti, tecnici elettronici, programmatori, etc.     Insomma l’elettronica sembra avere espropriato le nostre piccole imprese della conoscenza profonda di come funziona il loro stesso processo di produzione, e quindi della possibilità di migliorarlo, anche al margine, ma nel continuo.  E’ la situazione ion cui si trovano Benigni e Troisi nel 1500, che non sanno nulla degli apparecchi che vorrebbero inventare…

Ma era davvero neccessario che succedesse questo con l’avvento dell’elettronica? Arduino è forse allora un modo per recuperare, nel mondo di oggi, quel rapporto diretto fra le nostre idee creative e la capacità di metterle in pratica con le nostre stesse mani.   Se il rilancio delle nostre industrie di mobili, abbigliamento e calzature può passare dal bricolage elettornico-informatico cercheremo di capirlo in Toscana a partire dal 29 Giugno.


Imbrigliare l’imprevisto

26 aprile 2010

Questo è il nome dell’articolo che io ed Alberto Cottica abbamo scritto per l’European Journal of ePractice, in cui ragioniamo sull”esperienza di Kublai nel contesto del dibattito sull’uso del web 2.0 da parte dello stato. Ve lo potete leggere qui.

Rileggendolo mi sembra che l’articolo rispecchi abbastanza le due anime fondatrici di Kublai, che nella vita del progetto sopravvivono pari pari fino ad oggi.  Quella del dipendente pubblico (io) che vede nella comunità di creativi soprattutto uno strumento di segnalazione delle proposte più innovative, un ausilio alla valutazione che lo stato non sarebbe in grado di fare per mancanza di forze, ma soprattutto di competenze. E quella del creativo (lui) che con la comunità esce dall’isolamento, incontra altri creativi con cui far crescere la sua conoscenza e con essa la capacità di realizzare cose, ma anche e soprattutto incontra lo Stato tagliando fuori tutti quei portavoce ed intermediari non interessati ai risultati concreti, ma solo a perpetuare il gergo e a rendersi necessari.

Noi economisti, studiosi della scarsità, siamo abituati a cercare sempre il trade-off.  Ma non è possibile che una soluzione come quella che abbiamo trovato sia solo buona, ossia risponda a due esigenze così diverse?


Gli umanisti del web

4 aprile 2010

Ripensavo oggi ad una cosa che ci ha fatto notare Flavia Marzano ad un incontro organizzato da Salvatore Marras del FORMEZ per discutere di come aiutare le amministrazioni pubbliche  ad adottare gli strumenti efficenti e trasparenti del web.  Io e Alberto credo fossim0 stati invitati  per via di Kublai, un progetto di un ministero centrale con cui cerchiamo di utilizzare i superpoteri del web per perseguire un fine pubblico.

Al di là di noi due c’era un vero dream team di esperti di queste cose: tra gli altri  Gigi Cogo, Gianni Dominici, ed Ernesto Belisario; in tutto forse una ventina.  Proprio Flavia all’inizio domandava a bruciapelo a tutti: “chi di voi ha un background in una materia tecnico-scientifica”? Sorpresa, nessuno: forse solo uno o due informatici.  Tutti gli altri avevano lauree in Legge, Scienze politiche, molti in  Lettere, Sociologia, e qualche economista come io ed Alberto. Insomma mi è sembrato di capire che la discussione sul web e le sue applicazioni qui da noi è molto nelle mani di umanisti e scienziati sociali.  Il fatto in sè non mi sembra un limite.  Piuttosto mi fa capire di più sul web stesso come strumento prima di tutto sociale, che spesso sbagliamo a classificare sotto la rubrica “tecnologia”.

Potrebbe  non essere una cosa italiana, ma su questo naturalmente ne so poco. Mi sono però tornati in mente i miei anni all’MIT, dove avevo notato più o meno la stessa cosa. Era il tempo della bolla web, e la fascinazione per il web era al suo massimo.  (io concentrato a studiare politiche pubbliche ed economia dello sviluppo, non me ne accorgevo quasi) Ma alcuni mi facevano notare come i più sedotti dalle potenzialità del web erano ai dipartimenti di lingue, psicologia, storia, insomma tutti alla Scuola di Humanities, o al massimo gli architetti.  Mentre i matematici, i fisici e gli ingegneri dell’ MIT che il web tecnicamente lo hanno inventato, pur usandolo magari meglio ed in tutte le sue potenzialità,  non lo trovavano così interessante essendo quasi sempre concentrati su altro.

L’innovazione e la tecnologia sono due cose diverse, lo sappiamo già.
Quelli che inventano le cose a volte non si rendono conto di cosa veramente inventano.  Spesso tendiamo a dimenticarcelo.


La vera forza di Kublai

2 febbraio 2010

Sabato 30 Gennaio al KublaiCamp abbiamo parlato di risorse finanziarie e di spazi fisici per svolgere attività creative.  Abbiamo ascoltato le storie dei creativi che hanno provato a realizzare progetti per cambiare la propria vita e quella degli altri  e abbiamo capito di più su come funzionano alcune organizzazioni pubbliche e private che provano a sostenerli.  C’era la gente giusta e tanta energia positiva.  Ad esempio le visioni collaborative dei ragazzi di The Hub Italia, i consigli di Stefano Consiglio di Angeli per Viaggiatori, i partner  che ci accompagnano in questa strada la cui destinazione è sconosciuta a tutti, ad esempio Telecom, la Regione Basilicata con Visioni Urbane, ed il Comune di Modena.  Poi naturalmente c’era il Ministero di cui faccio parte con Luigi Mastrobuono.

Ma se dovessi dire che cosa rimane a me nel profondo di questo Camp sono i progetti nuovi e le facce dei ragazzi e delle ragazze nell’atto di presentarli con forza e convinzione al mondo.  Il premio, come ormai saprete, se l’è aggiudicato Film Voices.  Si tratta di un progetto straordinario, ma in Kublai ne abbiamo lette a diecine in questi ultimi mesi di proposte ispirate, realistiche e visionarie, che testimoniano la ferma volontà di molti giovani italiani di creare per sé e per il mondo che li circonda cose belle, utili e concrete.  Questa comunità  attira persone che sono un po’ il contrario dell’immagine dei ggggiovani che spesso ci restituiscono i media.  Non sono solo giovani, quelli che ho visto io al camp sono persone non stanno lì ad aspettare che le soluzioni vengano dagli altri, eppure sanno sfruttare degli altri i commenti, gli incoraggiamenti ed i contatti, mettendosi in gioco con coraggio.

Mi sento per una volta orgoglioso di avere contributo a mettere al mondo questo progetto.

(thx Annibale D’Elia per l’Immagine)


E’ venuto quel momento dell’anno…

19 gennaio 2010

… incui si tiene il KublaiCamp!

Se dal video vi rimane qualche dubbio, non c’è problema, lo scoprirete lì.

Io sto organizando la mattina una sessione dedicata ai problemi degli spazi fisici per la creatività, il pomeriggio assegniamo il prestigioso, quanto simbolico, Kublai Award 2009. Si parla di finanziamenti per i creativi e ci sarà una gara di elevator pitch fra progettisti creativi. Più una serie di altre cose più e meno programmate.
In generale mi sembra il posto giusto per incontrare gente che ha voglia di fare qualcosa di grande per sè e per gli altri.

[grazie a Chantal per il video]


l’alleanza dei buoni: ovvero un post veramente ingenuo

4 novembre 2009

L’anno scorso mi sono imbarcato in una cosa piuttosto nuova per un economista dello sviluppo un po’ tradizionale come me. Provocato dalle affascinanti idee di Alberto Cottica, ho promosso la nascita di questa risorsa per i creativi che vogliono promuovere progetti per lo sviluppo dei territori in cui vivono, che abbiamo chiamato Kublai.  Credo che questo blog, volente o nolente, parlerà molto di questo, anche perchè se non avessi fatto quest’esperienza, non avrei mai pensato di aprirlo.

Per noi del ministero è un potente strumento di project generation. Per i creativi, un modo di allearsi con altri come loro e con una parte dell’amministrazione buona – diceva alberto al tempo – che crede nel merito e nell’onestà, che apprezza l’entusiasmo e le cose nuove e non ha paura di mettersi in gioco.  Una specie di alleanza fra persone buone, aperte, e con i valori al posto giusto, interne ed esterne alle amministrazioni pubbliche.  Al tempo questa mi sembrò un idea veramente ingenua. E chi siamo noi per dirci più buoni degli altri?  E  anche se lo fossimo, potremmo non essere in grado di riconoscere le altre persone in buona fede dagli impostori che sanno usare le parole giuste.  D’altra parte, all’ombra di molte grandi personalità sono cresciuti mediocri adulatori che sono perciò assurti a fama immeritata. (Per la verità – riflettevo al tempo – di reti informali di persone di questo tipo ne esistono già trasversalmente a diverse organizzazioni, ma di solito hanno altri scopi, e, di questi tempi,  vengono alla luce, ad esempio, quando vengono pubblicate intercettazioni telefoniche).

Dopo un anno e mezzo di Kublai non ho cambiato del tutto idea, ma un grammo meno scettico lo sono.  Il fatto è che siamo entrati in contatto con molte persone di amministrazioni pubbliche, enti non-profit  ed imprese, che dichiarano di occuparsi di promozione della creatività, di cultura e politiche giovanili attraverso gli strumenti del web.  Orbene, solo con alcuni scatta un intesa e partono progetti di collaborazione, e la cosa ha pochissimo a vedere col mondo delle idee.  Molto con le persone stesse e le affinità che ci legano a loro.  I nostri valori saranno così forti da selezionare le persone per la loro qualità all’interno  di una comunità che oggi conta più di 1000 persone? Credo che lo scopriremo nei prossimi tempi.  Certo la nostra è, e vorremmo che rimanesse, innanzitutto una comunità di persone.